Reso: la proposta ALF

ALF nasce per cercare soluzioni al problema fondamentale della distribuzione in FUMETTERIA: il RESO (Semplificando: il libraio acquista la merce, e può “darla indietro”, ottenendo un credito da scalare dal proprio debito col fornitore)

Dover specificare fumetteria e non scrivere in maniera generica libreria è parte del problema. Libreria del fumetto e Libreria generica hanno lo stesso codice ATECO (sono legalmente uguali), usano gli stessi distributori, vendono gli stessi prodotti MA godono di condizioni di vendita differenti. Le librerie generiche hanno il reso, le fumetterie invece NO.

Alcuni grossisti lo concedono in piccola percentuale e solo sui loro esclusivisti, oppure in modo episodico, ma non c’è una vera e propria regola generalizzata. Anzi: sembra che alcuni lo nascondano, e tendano a non pubblicizzarlo.

Ultimamente alcuni editori hanno proposto il reso in maniera promozionale su alcuni titoli. Alcuni in maniera totale, altri parziale, altri addirittura legato ad un minimo di acquisto. Promo che, a detta dei diretti interessati, hanno portato grandi risultati

Dal blog Antani Comics:

Tutto il sistema si regge sulle fumetterie che comprano in conto assoluto: quando un editore dice di aver venduto 348 copie di un proprio fumetto, dovrebbe ammettere di averlo fatto ALLE FUMETTERIE, non al pubblico. Magari, la metà di quegli albi sono ancora sugli scaffali dei negozi, che non rischiano, non investono. E non possono crescere. Si leggono molti commenti negativi da parte di diversi editori sull’operato delle fumetterie. Secondo una tesi molto in voga, tanti negozianti non ordinano che materiale su richiesta, snobbando albi che, in altri circuiti (sito dell’editore, fiere, librerie di varia) venderebbero tantissimo.
Il discorso è complesso, e meriterebbe ben altri spazi. Sono ben conscio del fatto che i librai non sono perfetti, anzi, il loro operato è criticabile sotto molti punti di vista. […]
Ma il mercato delle fumetterie è ancora buono per i preordini: l’editore sa che quelle x copie, una volta ordinate, sono vendute. Non gli interessa promuoverle, o vedere se arrivano ad un cliente finale, invece di marcire in un negozio: sono “vendute” (traduzione: “FINE della mia attività di editore”). Tornando al discorso di prima, se ogni fumetteria ha in giacenza UNA copia di un volume, ci sono circa due-trecento di quei libri invenduti in giro per l’Italia: una enormità, con le tirature attuali. Ma una copia può essere “assortimento di magazzino”, fa “catalogo”. Quando ne hai due o tre, e soprattutto sono in giacenza da anni, diventano “soldi bloccati”. Buttati.

Un sistema sbagliato che porta danno a tutti.

Il materiale in eccesso deve essere smaltito. La fumetteria lo svenderà, in negozio e online spesso con sconti illegali. L’editore lo svenderà, in fiera e online. Il distributore lo svenderà, in fiera e online… Mai al negoziante, che ormai è a tutti gli effetti considerato un concorrente commerciale. Il negoziante è un cliente finale, non un partner commerciale che fa comunicazione, marketing e vendita di prodotti editoriali. Il prodotto sarà svalutato. Il cliente si abituerà a comprare il prodotto solo ed esclusivamente in promozione e proverà fastidio quando non potrà farlo. Gli sconti hanno le gambe corte

Un negoziante, viste queste premesse, non ha alternative. Ridurrà il materiale in negozio a danno degli editori “minori”. Ridurrà gli acquisti dagli editori maggiori e investirà i suoi soldi in materiale alternativo.

L’errore più grande che stanno facendo editori e distributori è pensare che il fumetto sia fondamentale per un’attività come la fumetteria. Il mercato dice altro. Il mercato e i tempi che viviamo ci raccontano di un pubblico che ha diverse esigenze. Esigenze sempre legate alla Cultura Pop ma non necessariamente al fumetto. In una fumetteria si può trovare di tutto. Molte fumetterie hanno modificato il loro core business e il fumetto occupa forse il 30% dei loro investimenti. Può essere una soluzione. Ridurre all’osso gli investimenti nel fumetto può aiutare un negoziante.

Ma proviamo ancora a trovare soluzioni differenti…

Premessa: il reso, a detta dei distributori, non viene fatto perché ha un costo del 10-15% rispetto al prezzo di copertina, troppo oneroso per chi, evidentemente è proprio con margini del genere che lavora.
L’editore non vuol saperne, dice il distributore.
Il distributore non ce lo fa fare, dice l’editore.
Paradossi a parte, il problema è IL COSTO.

L’unica barriera è quella economica: il “costo del reso”. Come superarla?

Sarebbe utile avere una LEGGE LEVI migliore che regolasse la percentuale di sconto massima da poter fare online, ma nell’attesa che ciò avvenga, ci chiediamo:

E SE LI PAGASSE LA LIBRERIA?

Se la libreria si offrisse di rinunciare al 10% del prezzo di cover, MA SOLO PER QUELLO CHE RENDE?
Così, il costo verrebbe pagato solo su quello effettivamente reso, ed il libraio avrebbe si il suo margine, ma anche un piccolo paracadute, che gli farebbe perdere dei soldi (renderebbe perdendo comunque parte di quanto pagato all’inizio), ma gli permetterebbe di rientrare di parte dell’esborso iniziale, SENZA FARE SVENDITE, che danneggiano il sistema senza che ci sia un effettivo beneficio per nessuno. Anzi, come abbiamo visto, scontentando tutti.

Sarebbe bello, su questo, avere un’apertura mentale da parte dei protagonisti.

Un pensiero riguardo “Reso: la proposta ALF

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